Un laboratorio di ricerca sull’animazione interculturale

Animazione nei contesti informali

Paola Biato

 

 Le persone che si occupano di aiuto e di cura, che operano nel sociale, attraverso la relazione interpersonale, possono essere definite “artigiani”, più che tecnici.
Nella loro borsa degli “attrezzi” sono riposti alcuni “utensili”, che attraverso i gesti quotidiani, si animano diventando strumenti di lavoro, caratteristici della singola professionalità.
Questi “arnesi del mestiere”, sono scelti con cura e costantemente tenuti in ordine o sostituiti, attraverso l’esperienza, l’umanità e le caratteristiche personali di ogni operatore e diventano importanti nella relazione con la persona cui ci si rivolge.(“Le tre pietre” a cura di Maria Varano, Edizioni Gruppo Abele)
 
Ecco! Vorrei partire proprio da questa frase, che per me è stata davvero illuminante!
In questi 12 anni ho riflettuto molto su questo termine “anim/azione”, ho scavato alla ricerca delle sue radici; ho percorso “la strada” dei saltimbanchi e dei giullari, dei cantastorie, dei mangiafuoco e dei burattinai, cercando di calarmi nel ruolo e nell’animo di questo mestiere antico e forse “perso”, fino ad arrivare ad oggi, al suo significato attuale. Significato spesso frainteso, distorto, incompreso, consumato.
Altro che mestiere nuovo! Lo è forse solo dal punto di vista del riconoscimento professionale, economico, pensionistico.
Oggi, lo spirito del tempo è cambiato, e questo cambiamento può essere positivo se non si perde la memoria, il significato antico, e se la trasformazione è in sintonia con l’anima, appunto, la radice, della parola.
Animazione culturale, turistica, sociale, interculturale.
Denominatore comune: il gioco. Non avrei resistito tanti anni in questo settore, se la mia strada non fosse stata disseminata di stimoli. Ho trentanove anni e gioco, mi piace giocare, far giocare, incontrare gli “altri” su questo piano.
Mi piace, allora, accostare l’animatore all’artigiano, alla creazione, all’uso di strumenti e attrezzi a seconda dei bisogni, del contesto, per far uscire fuori le “potenzialità”.
Quest’anno il tema dell’interculturalità è stato il sottofondo costante delle mie esperienze di animazione.
I miei “attrezzi” sono stati:
-  Il gioco
-  I burattini
-  Le favole
I contesti “culturali” in cui mi sono trovata ad operare sono stati vari:
-  Corso di formazione per animatori turistici (Regione Campania, F.S.E.)
-  Stages scolastici per Istituti Professionali (Operatori Sociali)
-  Ludoteche
-  Centri di aggregazione
-  Quartieri periferici
-  Scuole elementari
Contesti, bisogni, età, culturalità diversissime tra loro. Ho messo in pratica l’animazione interculturale innestandola ai miei “strumenti” ormai collaudati: gioco, burattini e favole, e l’effetto è stato molto positivo e stimolante.
Nel gioco, ho incontrato adulti che rimanevano disorientati dalla non-competitività, che non riuscivano a trovare la motivazione per giocare (“se non si vince che gioco è?”), che incitavano i figli a vincere a tutti i costi, umiliandoli se sbagliavano. Altri, invece, dopo un po’, lasciavano cadere le resistenze e si rilassavano, giocando.
Con i bambini è stato più facile proporre i giochi interculturali, tranne in situazioni dove l’aggressività, la violenza, sono dei valori molto forti e radicati a livello familiare e ambientale.
Con i burattini, la ricerca è in una fase iniziale: rompere lo stereotipo che i burattini sono per i bambini e pensare delle storie anche per gli adulti, riprendendo la tradizione del teatro di figura, è uno degli obiettivi.
Oppure riproporre la storia di “Ciaula scopre la luna” di Pirandello, che parla di un bambino un po’ tonto, trasformandolo in un bambino del mondo sfruttato, che lavora in una miniera e non sa cos’è il gioco…
L’aspetto, invece che ho approfondito maggiormente è quello delle favole.
Il metodo che uso con le favole è interdisciplinare; abbraccia il movimento, la psico-motricità, i sensi, l’arte, la scrittura, la lettura, il racconto orale, la musica.

 

Il metodo delle carte da favola, che sto proponendo da tre anni, ai bambini e agli adulti, mi ha permesso di raccogliere un centinaio di favole inventate, che non solo confermano l’efficacia del metodo, ma mi ha permesso di comprendere una serie di applicazioni molto utili:
-  per stimolare la creatività, l’immaginazione, il pensiero narrativo
-  per l’uso della grammatica, della verbalizzazione
-  per l’insegnamento delle lingue straniere
-  per l’ascolto e la comprensione dell’altro, attraverso l’uso delle metafore.
Nel mese di maggio, ho presentato pubblicamente il “metodo delle carte da favola” presso la “Bottega del mondo equAzione”, di Salerno, ed in alcune ludoteche private. Per la prima volta ho sperimentato “le carte” con adulti e bambini insieme, ed è stato veramente emozionante vedere genitori e figli creare insieme una favola, superare prove, risolvere difficoltà, cercare aiutanti magici, trovare un finale.
Alla fine della serata, dove i genitori avevano “solo” accompagnato i figli, ho visto tante facce sorridenti, come se avessero giocato insieme. Questo è un altro stereotipo: le favole sono per i bambini!
Concludo proprio con una di queste favole.
Una volta il Paradiso, invece di stare su stava giù.
Tutti vivevano nell’acqua ed erano felici.
Su, nel mondo di sopra, invece, c’era un castello di colore rosa e azzurro.
Qui viveva la principessa arcobaleno.
In un altro regno, più lontano, dentro una grotta, viveva un mago molto potente. Il segreto della sua forza era rinchiuso dentro un baule, che si trovava in una torre.
Chi avesse trovato il baule avrebbe preso il suo potere.
La principessa arcobaleno aveva come amici tre uccelli, dalle piume variopinte.
Mentre svolazzavano vicino al castello, apparve un falco che cercava del cibo.
Sulla terra, un guerriero, stanco, cercava un posto tranquillo dove riposarsi, trovò il castello della principessa e decise di fermarsi.
Nel bosco, vicino al castello, sotto un fungo, abitava uno gnomo, che amava suonare e girare per il mondo. Lo gnomo, però, era combattuto; non sapeva scegliere tra il regno dello sciamano, il falco e il baule. Si addormentò e sognò Pulcinella che gli dava un consiglio e gli diceva che doveva superare delle prove.
Lui seguì le istruzioni di Pulcinella e andò dalla principessa e lei gli disse che doveva attraversare il mare e trovare una conchiglia. Dopo una lunga ricerca la trovò e dentro c’era un cavallo magico che gli rivelò che uno dei poteri contenuti dentro il baule dello sciamano era…….l’amicizia.
Ma il viaggio non era finito. Arrivò in un prato, dove c’era un albero fiorito, con delle grandi radici.Un pescatore trovò sulla riva del mare un fiasco di vino, ma lui non conosceva il vino, lo assaggiò, cominciò a barcollare e sognò. Sognò il paradiso, il mare, di andare verso il sole, il castello.Apparve un drago che sputava fuoco. Per andare avanti occorreva una parola magica, che era segreta. Bisognava andare dai tre uccelli arcobaleno a chiedere aiuto. Loro si trasformarono in uomini, per incamminarsi verso la conoscenza. Trovarono la parola magica “il sentimento che nascondeva il potente mago”, “l’amicizia".Il pescatore, aveva tanti amici, così il drago lo lasciò passare.Doveva, ancora, attraversare una casa, circondata dagli alberi, che era stregata.C’erano, dentro la casa, dei maghi che combattevano tra loro.Se lui riusciva a portare la pace, gli avrebbero dato il vino.L’ultima prova da superare e affrontare era il lupo nero, alleato dello sciamano.Allora lui (?) distrasse il lupo con la luna: lo ipnotizzò e scappò.Così il pescatore ottenne il vino, l’amicizia e la principessa.
Favola di gruppo. Bambini e adulti.     1° Atelier di fabulazione. 4 maggio 2001
Bottega del mondo equAzione, Salerno